“Oggi quando si pensa ad un naturalista, la prima immagine che balza agli occhi è la tua; ma non il naturalista vecchio stampo, intento solo a raccogliere, catalogare, nomenclare, ma il naturalista moderno, profondo nelle osservazioni, attento alle sfumature, teso alle interpretazioni , coltissimo nella bibliografia, sempre aggiornato sui metodi di ricerca e sul pensiero delle varie scuole, senza mai confondersi con esse.” Prof. Ruggero Tomaselli (a Pietro Zangheri in occassione dell’inaugurazione del “Museo di Storia Naturale della Romagna” a Verona)
Il Museo di “Storia Naturale della Romagna” è oggi custodito a Palazzo Pompei a Verona, come sezione del Museo Civico di Storia naturale di Verona. Occupa cinque sale rispettivamente contenenti: collezioni entomologiche e invertebrati; reperti mineralogici e preistorici e corrispondenza con gli specialisti; uccelli, rettili, pesci, anfibi e lo schedario generale; mammiferi, fossili e erbario. Infine un’intera grande stanza era dedicata ad un grande e spettacolare plastico della Romagna in scala 1 :25.000 di oltre 20 mq., dove sono riportati in un dettaglio notevole forma del territorio, toponimi, vegetazione, geologia ecc., plastico che oggi, dopo un accurato restauro, è esposto stabilmente a Santa Sofia (FC) presso la sede della Comunità dei Comuni Romagnoli del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna.
La raccolta conservata a Verona è il frutto di cinquant’anni di esplorazione naturalistica del territorio romagnolo: flora, fauna, fossili, minerali, rocce ed altri preparati, tutti meticolosamente schedati da Pietro Zangheri. Le specie rappresentate sono 15.374, di cui 108 nuove per la scienza, tutte classificate con le rispettive località e dati di raccolta. I reperti presenti nel museo sono circa 150.000. Molti si saranno chiesti e si chiederanno perchè un Museo della Romagna è a Verona. Le risposte possono essere diverse: miopia degli amministratori romagnoli o necessità di collocarlo in un grande Museo Civico che ne garantisse la conservazione. Probabilmente l’uno e l’altro. Pietro Zangheri comunque non ne ha mai fatto un dramma anche perchè vedeva il suo Museo non come “freddo archivio di dati, ma un vivo strumento di ricerca” e la pubblicazione del “Repertorio” consentiva a chiunque di consultare i dati delle collezioni e proseguire e aggiornare le ricerche.
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