Pietro Zangheri nasce a Forlì il 23 luglio 1889.
Diciassettenne, agli inizi del secolo, inizia le prime osservazioni botaniche nei dintorni della sua città. L’interesse per le scienze naturali non lo abbandonerà più per il resto della vita. Una vita vissuta quasi interamente a Forlì e dedicata, con passione esclusiva, all’esplorazione sistematica della Romagna. Nel corso di oltre quaranta anni di ricerca scientifica, appena turbata dal fragore di due guerre mondiali, Zangheri compie infatti innumerevoli escursioni, dalle pinete del litorale alle foreste dell’alto appennino, osservando, fotografando e accumulando un bottino di migliaia di esemplari: piante, animali, fossili, rocce, minerali, reperti paletnologici e paleontologici.
Naturalista totale, lo scienziato romagnolo si vota a una esplorazione circoscritta, ma totale: studia e scrive principalmente di flora e vegetazione, ma anche di fauna, geologia, micologia, geografia fisica, pedologia, climatologia. Impresa tanto più straordinaria se si considera che Zangheri è un autodidatta. Diplomato ragioniere, dirige infatti per molti anni un istituto di riposo nella sua città.
Un dilettante ” nel senso più positivo del termine“, ben presto conosciuto e apprezzato dai maggiori esponenti della comunità scientifica italiana e internazionale con cui intrattiene una fitta corrispondenza.
Tra i suoi maestri Zangheri cita i botanici Giovanni Negri, Alberto Chiarugi e Raffaele Ciferri e l’entomologo Mario Bezzi. E’ proprio quest’ultimo, convinto della vocazione di Zangheri all’esplorazione naturalistica “seriamente condotta” a consigliarlo di “indirizzarla alla raccolta non circoscritta ma estesa ai vari campi floro-faunistici” purchè – ricorda Zangheri – “fossi consapevole del lavoro assiduo e molto lungo che l’impegno comportava per portarlo, nel tempo, a un esito soddisfacente“.
“Sono l’uomo dei quarti d’ora” rispondeva poi a chi gli domandava come trovasse il tempo per le sue ricerche. Quarto d’ora dopo quarto d’ora firma circa duecento pubblicazioni. Nel 1956 ottiene la libera docenza in geobotanica. Numerosi sono anche i premi e i riconoscimenti ufficiali. Ottantenne, giudicata conclusa l’esplorazione della Romagna, si dedica alla compilazione della “Flora italica” che conclude nel 1976. Il 10 ottobre 1977 a Verona, nel corso dell’annuale congresso dei botanici italiani, riceve una copia della “Flora Italica” con le firme di tutti gli scienziati presenti, in segno di omaggio affettuoso e di gratitudine. E’ l’ultima occasione in cui compare in pubblico. Successivamente si ritira a Padova vicino al figlio Sergio e qui muore il 25 febbraio 1983.
Sul suo ex-libris, nello spazio lasciato libero da un piccolo universo naturale di piante e animali, campeggia un verso di Virgilio “Sic itur ad astra“.